Mi sono capitati recentemente due episodi di apparente furto d'identità telematica poi risolti in semplicissimi casi di omonimia che vale comunque la pena riportare e che mi hanno fatto fare un paio di riflessioni.
Circa due settimane fa ho ricevuto su questo blog un commento, che sembrava più una mail personale, a seguito di di questo primo contatto c'è stato uno scambio di email ed in una di queste mi veniva riportato uno stralcio di una conversazione (o presunta tale) avvenuta tra me e questo signore su Facebook, peccato che questo dialogo telematico non fosse mai avvenuto con me. Vado allora su Facebook e digito nel campo di ricerca "Simona Venafro" e sorpresa!! mi compare la foto di una bella ragazza in posa decisamente provocante. Penso subito ad un furto d'identità telematica, [certo non sono un personaggio pubblico di spicco e neanche si possono ottenere giovamenti dall'essere me (altro che Essere John Malkovich!!)]… eppure per un secondo o poco più il pensiero che qualcuno mi stesse giocando un brutto tiro c'è stato! Invece tutto si è risolto in un banale caso di omonimia, per quanto strano.
E comunque ne approfitto per fare anche una comuncazione di servizio: io non sono la Simona Venafro giovane, bella e bionda. Io sono l'altra.
Archiviato questo caso e chiarito l'equivoco con la persona che scriveva al mio blog pensandomi giovane e aitante, proprio ieri mi ricapita un episodio simile. Mi telefona infatti la titolare di un'azienda del bergamasco che asserisce che Andrea Abbati, mio socio nell'agenzia, ha creato, senza autorizzazione, la loro pagina Facebook aziendale. A riprova, mi inoltra la mail arrivatale e mi spiega che cercando su Google "Andrea Abbati" ha trovato subito il sito web della nostra agenzia ed ha pensato ad una mossa borderline di marketing per vendere il servizio Facebook per aziende. Chiaramente essendo completamente estranei alla vicenda mi convinco che qualche azienda concorrente, per screditarci, cerca di denigrare la nostra immagine con azioni non propriamente corrette di web marketing, anche se, non siamo certo un'agenzia a livello nazionale che possa rappresentare una minaccia per qualcuno, eppure l'episodio mi lascia molto perplessa e già penso alle contromisure da prendere, quando, finalmente emerge che si è trattato nuovamente di una semplice omonimia, un tecnico di Pagine Gialle, [che ahimé si chiama Andrea Abbati] ha creato la pagina aziendale su Facebook e dopo ne ha dato comunicazione all'azienda, proponendolo come servizio aggiuntivo di Pagine Gialle:
Apro una piccola parentesi su Seat Pagine Gialle, colosso italiano che crea pagine aziendali su Facebook senza autorizzazione e solo in un secondo momento chiarisce che si tratta di un loro nuovo servizio: Le Pagine Gialle si riconfermano inefficienti e inefficaci!
Entrambi questi episodi apparentemente preoccupanti si sono risolti in una bolla di sapone ma hanno aperto qualche interrogativo e riflessione importante:
– intanto guarda caso, entrambe le situazioni hanno visto coinvolto Facebook che, a mio avviso, si colloca tra gli strumenti web più a rischio per un reale furto d'identità, non solo per la sua natura ma soprattutto per il suo grado di diffusione (oggi il web coincide praticamente con Facebook).
– come mai si fanno tanti tentavi per controllare il web, in modo strumentale e mirato per interessi personali di pochi e non si pensa a dei controlli o semplici step per ridurre drasticamente le probabilità che qualcuno possa sostuirsi a noi a livello telematico e distruggere la nostra immagine?
– nell'ottica di tutela della privacy di ognuno di noi e della propria identità si dovrebbe lavorare verso un approccio preventivo e non punitivo e restrittivo a posteriori, pensando che ci sono già degli strumenti che potrebbero cambiare lo stato attuale delle cose. Perchè navigare in maggior sicurezza e tutela aiuterebbe anche a migliorare la quantità e la qualità dell'utilizzo di internet, aumentandone la diffusione e di conseguenza l'alfabetizzazione infornatica.
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